SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI 2023
18 - 25 gennaio“Imparate a fare il bene, cercate la giustizia”
(Isaia 1, 17)
“Quando venite a rendermi culto chi vi ha chiesto tutte queste cose e la confusione che fate nel mio santuario? Le vostre offerte sono inutili. L’incenso che bruciate mi dà nausea. Non posso sopportare le feste della nuova luna, le assemblee e il giorno di sabato, perché sono accompagnati dai vostri peccati.
Mi ripugnano le vostre feste della luna nuova e le vostre celebrazioni: per me sono un peso e non riesco più a sopportarle. Quando alzate le mani per la preghiera, io guardo altrove. Anche se fate preghiere che durano a lungo io non le ascolto, perché le vostre mani sono piene di sangue.
Lavatevi, purificatevi, basta con i vostri crimini. È ora di smetterla di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, aiutate gli oppressi, proteggete gli orfani e difendete le vedove. Ma sia ben chiaro – dice il Signore – anche se per i vostri peccati siete rossi come il fuoco, vi farò diventare bianchi come la neve e puri come la lana.”
(Isaia 1,12-18)
Unisciti a CHARIS, alla Chiesa Cattolica e ad altre denominazioni cristiane in tutto il mondo in preghiera per l’unità dei cristiani.
Contenuti preparati e pubblicati da Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani e Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese.
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CHARIS e l’Unità dei Cristiani
Dal suo inizio il Rinnovamento Carismatico Cattolico è stato parte di una corrente ecumenica di grazia. CHARIS perciò, nello spirito dei propri Statuti, “è uno strumento per promuovere ed operare per la unità del corpo di Cristo, come è espresso nella preghiera di Gesù Cristo (Giov 17).” (Statuti – Preambolo)
PRIMO GIORNO
Imparare a fare la cosa giusta
Letture
Isaia 1, 12-18
Imparate a fare il bene, cercate la giustizia, aiutate gli oppressi, proteggete gli orfani e difendete le vedove
Luca 10, 25-36
Chiese a Gesù: “Ma chi è il mio prossimo?”
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Commento
Dio – dice il profeta Isaia – vuole che Giuda non solo pratichi la giustizia, ma anche che accolga il precetto di fare sempre ciò che è giusto. Dio non vuole soltanto che ci prendiamo cura degli orfani e delle vedove, ma vuole che facciamo ciò che è giusto e buono per loro e per chiunque sia emarginato dalla società. La parola ebraica che traduce il concetto di “bene” è Yaw-tab’ e significa essere felici, gioiosi, amabili, fare del bene, fare qualcosa di bello.
Essere cristiani significa essere discepoli. Tutti i cristiani si pongono in ascolto della Parola di Dio, imparando insieme che cosa significhi fare il bene e quali siano le persone che necessitano solidarietà. Via via che la società diventa indifferente ai bisogni degli altri, noi, come figli di Dio, dobbiamo imparare a sposare la causa dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che sono oppressi, dicendo come stanno le cose anche davanti al potere costituito e, se necessario, perorando la loro causa in modo che possano vivere nella pace e nella giustizia. Se agiamo così, faremo sempre la cosa giusta!
Il nostro impegno per sradicare il peccato di razzismo e guarirne, esige prontezza e disponibilità ad essere in relazione con le nostre sorelle e i nostri fratelli cristiani.
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Unità dei cristiani
Un maestro della legge chiese a Gesù: “Ma chi è il mio prossimo?”. La risposta di Gesù ci sprona a vedere oltre le divisioni di religione, tribù e nazionalità per riconoscere il prossimo nel bisogno. Anche noi cristiani dobbiamo guardare oltre queste divisioni e le divisioni all’interno della famiglia cristiana per riconoscere e amare i nostri fratelli e le nostre sorelle in Cristo.
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Chiediamoci…
Chi sono gli emarginati o gli oppressi nella nostra società? In quale modo le chiese, insieme, possono camminare con questi fratelli e sorelle, rispondere alle loro necessità e parlare in loro nome?
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Preghiera
Signore, Tu che hai chiamato il tuo popolo dalla schiavitù alla libertà, donaci la forza e il coraggio di scorgere coloro che hanno bisogno di giustizia.
Fa’ che vediamo le loro necessità e che possiamo prestare loro aiuto, e, per la potenza del tuo Santo Spirito, radunaci nell’unico gregge di cui Gesù Cristo è il Pastore. Amen.
SECONDO GIORNO
Quando è fatta giustizia
Letture
Proverbi 21, 13-15
Il giusto si rallegra quando è fatta giustizia, mentre i malfattori sono presi da paura.
Matteo 23, 23-25
La giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste sono le cose da fare
Commento
I capi religiosi a cui Gesù si rivolge nel brano evangelico si sono adattati e convivono senza problema con le ingiustizie del mondo. Sono appagati dallo svolgere compiti religiosi come la raccolta della decima sulla menta, l’aneto e il cumino, ma trascurano le esigenze più onerose e pressanti della giustizia, della misericordia e della fedeltà.
Allo stesso modo noi cristiani ci siamo abituati e accomodati sulle divisioni che esistono tra di noi. Siamo fedeli in gran parte della nostra osservanza religiosa, ma spesso trascuriamo il desiderio del Signore che tutti i suoi discepoli siano una cosa sola, perché troppo impegnativo per noi.
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Unità dei cristiani
As lideranças religiosas a quem Jesus se dirige na passagem do Evangelho tinham crescido acostumadas e acomodadas com as injustiças do mundo. Estavam felizes no cumprimento de deveres religiosos, como ofertas de hortelã, funcho e cominho, mas descuidavam de maiores e mais graves necessidades, como a justiça, a misericórdia e a fidelidade. Da mesma forma os cristãos têm crescido acostumados e acomodados com as divisões que existem entre nós. Somos fiéis em muitas das nossas práticas religiosas, mas frequentemente deixamos de lado o desafiante desejo do Senhor de ver os seus discípulos unidos.
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Chiediamoci…
Come possono le congregazioni e comunità locali sostenersi a vicenda per fronteggiare le resistenze che possono derivare dal promuovere la giustizia?
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Preghiera
Dio, Tu sei la fonte della sapienza: ti preghiamo di donarci la saggezza e il coraggio di operare per la giustizia, di riparare ciò che è sbagliato nel mondo rendendolo giusto con le nostre azioni. Ti preghiamo per la saggezza e il coraggio di crescere nell’unità del tuo Figlio, Gesù Cristo, che con te e con lo Spirito Santo, regna nei secoli dei secoli. Amen.
TERZO GIORNO
Agisci con giustizia, ama la misericordia, vivi con umiltà
Letture
Michea 6, 6-8
Il Signore ha insegnato […] quel che esige da noi: praticare la giustizia, ricercare la bontà e vivere con umiltà davanti al nostro Dio
Marco 10, 17-31
Maestro buono, che cosa devo fare per ottenere la vita eterna?
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Commento
Noi, non io. Il profeta mette in guardia il popolo su che cosa realmente significhi la fedeltà all’alleanza di Dio: “Il Signore ha insegnato […] quel che esige da noi: praticare la giustizia, ricercare la bontà e vivere con umiltà davanti al nostro Dio” (Mic 6, 8). Nell’ebraico biblico la giustizia e la misericordia non si differenziano e non si oppongono l’una all’altra; al contrario, sono saldate ed espresse con un unico termine: Mishpat. Dio ci ha mostrato il bene, e ci chiede di perseguire la giustizia con amorevole benignità, vivendo con umiltà. Camminare umilmente con Dio significa camminare accanto agli altri e quindi non è semplicemente un atto individuale, non è il mio cammino, il mio amore.
L’amore cui Dio ci invita è sempre un amore che ci raccoglie in comunione: noi, non io. Questa prospettiva rende molto diverso il modo in cui “pratichiamo la giustizia”. Come cristiani agiamo secondo giustizia per testimoniare il Regno di Dio in questo mondo, e dunque per invitare gli altri a dimorare nella bontà amorevole di Dio. Nel Regno di Dio tutti siamo amati in egual modo, come figli di Dio, e come Chiesa di Dio siamo chiamati ad amarci reciprocamente, fratelli e sorelle, e ad invitare gli altri nel dinamismo di questo Amore.
L’esortazione a praticare la giustizia, amare il bene e vivere con umiltà con il nostro Dio, è anche un’esortazione, rivolta ai cristiani, ad agire insieme per offrire una testimonianza al Regno di Dio che veda le nostre comunità unite: noi, non io.
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Unità dei cristiani
“Vivere in umiltà” era un passo troppo impegnativo per il giovane ricco che chiese a Gesù che cosa dovesse fare per ereditare la vita eterna. Fin dalla sua giovinezza aveva obbedito a tutti i comandamenti, ma non fu in grado di fare quell’ulteriore decisivo passo per unirsi ai discepoli di Gesù, a motivo della sua ricchezza; fu trattenuto dai suoi beni. Come è difficile per noi cristiani lasciare ciò che percepiamo come ricchezza, ma che ci trattiene dal raggiungere il più prezioso bene che è l’adesione al discepolato di Gesù come cristiani uniti!
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Chiediamoci…
Come possono le nostre chiese rispondere meglio alle necessità del nostro prossimo più vulnerabile? Come possiamo ascoltare con rispetto ogni voce nelle nostre comunità?
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Preghiera
Dio misericordioso e amorevole, allarga il nostro orizzonte, in modo che possiamo comprendere la missione che condividiamo con tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in Cristo, per mostrare la giustizia e l’amorevole bontà del tuo Regno. Aiutaci ad accogliere i nostri vicini come tuo Figlio ci ha accolto. Aiutaci ad essere più generosi nel testimoniare la grazia che Tu ci doni gratuitamente. Per Cristo Nostro Signore. Amen.
QUARTO GIORNO
Guardare le lacrime degli oppressi
Letture
Qoelet 4, 1-5
Ho riflettuto anche su tutte le ingiustizie che si compiono in questo mondo. Gli oppressi piangono e invocano aiuto, ma nessuno li consola, nessuno li libera dalla violenza dei loro oppressori.
Matteo 5, 1-8
Beati quelli che sono nella tristezza: Dio li consolerà
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Commento
“Gli oppressi piangono” (Qo 4, 1). Si può immaginare che lo scrittore abbia già assistito ad atrocità come questa con nauseante regolarità. Ma forse questa è la prima volta che l’autore guarda veramente le lacrime degli oppressi, la prima volta che è davvero pienamente compreso del loro dolore e del loro assoggettamento. Benché ci sia molto di cui dolersi, in un nuovo sguardo e in una nuova visione, è contenuto un seme di speranza: forse questa volta tale testimonianza porterà al cambiamento, farà la differenza.
Una giovane donna fu capace di guardare e vide le lacrime degli oppressi. Nel maggio del 2020, il video dell’omicidio di George Floyd da lei registrato sul cellulare e condiviso, è stato visto in tutto il mondo e ha suscitato una legittima indignazione, mentre le persone assistevano, e finalmente conoscevano, ciò che gli afro-americani hanno vissuto per secoli: una indebita sottomissione da parte di sistemi oppressivi, perpetrata davanti a spettatori ciechi, accecati dai loro privilegi. Il riconoscimento di questa dolorosa realtà ha portato, a livello globale, a manifestazioni di solidarietà, sia sotto forma di preghiera che di protesta per la giustizia.
L’evoluzione dal semplice vedere al guardare e comprendere incoraggia noi che siamo chiamati ad agire nel mondo: Dio può rimuovere la patina dai nostri occhi affinché possiamo testimoniare la realtà delle cose in modo nuovo e liberante. Via via che questa patina cade, lo Spirito Santo dona luce e forza per rispondere in modo nuovo, senza restrizioni. Una risposta nuova che le chiese e le comunità cristiane hanno dato è stata quella di porre una tenda di preghiera nella George Floyd Square, il luogo del suo omicidio. In tal modo, queste chiese e comunità hanno mostrato di essere unite nel portare conforto a coloro che piangevano ed erano oppressi.
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Unità dei cristiani
Il brano della Beatitudini del Vangelo di Matteo ha inizio con Gesù che guarda la folla, e in essa deve aver scorto gli operatori di pace, i poveri in spirito, i puri di cuore, gli uomini e le donne che piangevano e quelli che avevano fame di giustizia. Nelle Beatitudini Gesù non solo chiama per nome le sofferenze delle persone, ma indica con un nome ciò che saranno: figli di Dio ed eredi del Regno dei cieli. Come cristiani siamo chiamati a guardare la giusta battaglia dei nostri fratelli e delle nostre sorelle in Cristo.
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Chiediamoci…
In quale modo vi siete lasciati coinvolgere con gli altri cristiani nella lotta all’oppressione nel vostro quartiere? In quale modo le chiese del vostro quartiere possono operare insieme in solidarietà con coloro che patiscono l’oppressione?
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Preghiera
Dio di giustizia e di grazia, rimuovi la patina dai nostri occhi in modo che possiamo veramente guardare l’oppressione intorno a noi. Ti preghiamo nel nome di Gesù Che vide la folla e ne ebbe compassione. Amen.
QUINTO GIORNO
Cantare il canto del Signore in terra straniera
Letture
Salmo 137 (136), 1-4
Laggiù, dopo averci deportato, ci invitavano a cantare; esigevano canti di gioia i nostri oppressori. Cantate – dicevano – un canto di Sion
Luca 23, 27-31
Donne di Gerusalemme, non piangete per me. Piangete piuttosto per voi e per i vostri figli
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Commento
Il lamento del salmista si origina nell’esilio di Giuda in Babilonia, tuttavia, quello dell’esilio è un dolore che si ripercuote nel tempo e sulla cultura. Forse il salmista intendeva gridare al cielo questa sua sofferenza; forse ogni verso è sgorgato tra disperati singhiozzi di dolore; forse questo poema è nato dalla forzosa rassegnazione che può sperimentare solo chi vive nell’ingiustizia e nell’impotenza di poter cambiare la propria condizione. In qualunque modo sia stato originato, il dolore di questo verso trova risonanza nei cuori di coloro che sono trattati come estranei in terra di esilio o nella loro stessa terra.
Il salmo descrive la richiesta esigente dell’oppressore che i deportati sorridano e facciano festa, cantino i canti di un passato “felice”. È una richiesta che, nel corso della storia, le persone emarginate si sono spesso sentite rivolgere: che si trattasse di spettacoli di attori truccati (minstrel)1, o di danze di geisha2, o di cowboy del selvaggio West e spettacoli di indiani3, gli oppressori hanno spesso chiesto che le persone oppresse si esibissero gioiosamente per garantire la propria sopravvivenza. Il loro messaggio è tanto semplice quanto crudele: le tue canzoni, le tue cerimonie, la tua identità culturale, ciò che ti rende sacrosantamente unico, è consentito solo nella misura in cui serve a noi.
In questo salmo generazioni di oppressi riconoscono la loro voce. Come potremmo cantare il canto del Signore quando siamo stranieri nella nostra terra? Possiamo, perché non cantiamo per i nostri oppressori, ma per lodare Dio. Cantiamo perché non siamo soli, perché Dio non ci ha mai abbandonati. Cantiamo perché siamo circondati da una nube di testimoni che ci incoraggiano a cantare canti di speranza, canti di libertà, canti di liberazione, canti di una patria dove un popolo ritrova se stesso.
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Unità dei cristiani
Il Vangelo di Luca narra che molta gente, tra cui molte donne, seguono Gesù anche mentre porta la sua croce al Calvario. Questa sequela è fiducioso discepolato e Gesù ricompensa le fatiche e le sofferenze che dovranno subire nel portare fedelmente la propria croce.
Grazie al movimento ecumenico, i cristiani di oggi condividono inni, preghiere, riflessioni e approfondimenti di varie tradizioni. Li riceviamo gli uni dagli altri come doni scaturiti dalla fede e dal discepolato amorevole, spesso segnato da sofferenze, di cristiani di comunità diverse dalla nostra. Questi doni condivisi sono ricchezze di cui fare tesoro per testimoniare la fede cristiana che ci accomuna.
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Chiediamoci…
Come possiamo rievocare le storie passate di coloro che hanno vissuto in mezzo a noi e hanno cantato canti di fede, di speranza e di liberazione dalla prigionia?
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Preghiera
Dio degli oppressi, apri i nostri occhi affinché vediamo il male che continua ad essere inflitto alle nostre sorelle e ai nostri fratelli in Cristo. Fa’ che il tuo Spirito ci dia il coraggio di cantare all’unisono, e di levare la nostra voce in favore di coloro la cui sofferenza è inascoltata. Te lo chiediamo nel nome di Gesù. Amen.
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1. Gli spettacoli di attori-minstrel – inizialmente creati quale prima forma originale di intrattenimento popolare americano – hanno avuto origine nel 1830 dalla combinazione del blackface (una forma di trucco teatrale impiegata principalmente da bianchi) con le presentazioni teatrali (che raffiguravano sembianze e personaggi afro-americani in modo dispregiativo). Eppure, nel 1890, artisti afro-americani “anneriti”, cantavano, ballavano e discutevano temi provocatori come il sesso durante i Colored minstrel shows (spettacoli di attori truccati da gente di colore), mentre sentivano la responsabilità aggiunta di contrastare gli stereotipi dell’identità afro-americana come ridicoli, primitivi ed eccessivamente sensuali, portandoli a sviluppare una presentazione di se stessi sul palco che bilanciava stereotipi razzisti e commenti politici.
2. Il ruolo della geisha nasce in Giappone, nel XVII secolo, come una “artista” che intratteneva, con danze, musica, conversazioni e altri numeri le varie cerimonie del tè.
3. Dopo la battaglia di Little Bighorn del 1876, Buffalo Bill Cody fondò il Wild West Show (Spettacolo del selvaggio West), uno spettacolo itinerante su tutto ciò che riguardava “il west”, inclusa una rievocazione del General Custard’s Last Stand (l’“Ultima resistenza del Generale Custer”). La più grande attrazione era costituita dalla rappresentazione della vita reale dei nativi americani che prendevano parte agli spettacoli apparendo “addomesticati” invece che selvaggi, mentre il governo americano era ancora impegnato in combattimenti nei territori indiani.
SESTO GIORNO
Tutte le volte che avete fatto ciò a uno dei più piccoli […] lo avete fatto a me!
Letture
Ezechiele 34, 15-20
Cercherò le pecore perdute, ricondurrò nel gregge quelle andate lontano, fascerò quelle ferite, curerò quelle malate
Matteo 25, 31-40
In verità, vi dico: tutte le volte che avete fatto ciò a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo avete fatto a me!
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Commento
Il capitolo 25 del Vangelo di Matteo, ci ricorda che non possiamo separare il nostro amore per Dio dal nostro amore per il prossimo. Amiamo Dio quando nutriamo gli affamati, diamo da bere agli assetati, accogliamo gli stranieri, vestiamo gli ignudi, ci prendiamo cura dei malati e visitiamo i carcerati. Quando ci prendiamo cura e serviamo “uno dei più piccoli” (Mt 25, 40), ci prendiamo cura e serviamo Cristo stesso.
Gli anni 2020 e 2021 hanno posto davanti ai nostri occhi l’immensa sofferenza della famiglia umana, la famiglia di Dio. La pandemia mondiale di Covid-19, insieme alle disparità economiche, educative e ambientali, ha avuto un impatto tale che ci vorranno decenni per riprenderci. Ha reso visibile a livello mondiale la sofferenza individuale e collettiva, ma ha anche riunito i cristiani nell’amore, nell’empatia e nella solidarietà verso gli altri. In questo contesto, l’omicidio di George Floyd da parte dell’agente di polizia Derek Chauvin in Minnesota, ha portato allo scoperto la continua ingiustizia razziale. Il grido di Floyd “Non riesco a respirare” è stato anche il grido di molti che soffrono sotto il peso sia della pandemia che dell’oppressione del sistema. Dio ci chiama a onorare la sacralità e la dignità di ogni membro della famiglia umana, creata da lui. Essere solleciti, servire e amare gli altri rivela non chi sono gli altri, ma chi siamo noi. Come cristiani, abbiamo il dovere di essere uniti nella nostra responsabilità di amare e prenderci cura degli altri, poiché noi siamo stati per primi curati e amati da Dio. Solo agendo così potremo davvero vivere la nostra fede mediante le nostre opere a servizio del mondo
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Unità dei cristiani
Il profeta Ezechiele presenta il Signore Dio come un pastore che riconduce il gregge in unità, radunando le pecore che si sono allontanate e fasciando quelle ferite. L’unità è il desiderio del Padre per il suo popolo ed Egli continua a realizzare questa unità, a rendere il gregge uno, attraverso l’azione del suo Santo Spirito. Con la preghiera ci apriamo ad accogliere lo Spirito che ricostituisce l’unità di tutti i battezzati.
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Chiediamoci…
In che modo “i più piccoli” sono invisibili a te o alla tua chiesa? Come possono le nostre chiese lavorare insieme per prendersi cura e servire “i più piccoli”?
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Preghiera
Dio di amore, ti ringraziamo per l’amore infinito con cui ti prendi cura di noi. Fa’ che possiamo elevare il nostro canto di redenzione; allarga il nostro cuore affinché possa ricevere il tuo Amore, ed estendi la tua compassione a tutta la famiglia umana. Ti preghiamo nel nome di Gesù. Amen.
SETTIMO GIORNO
Ciò che accade adesso non deve più ripetersi
Letture
Giobbe 5, 11-16
Dà speranza agli indifesi e fa tacere i malvagi
Luca 1, 46-55
Ha rovesciato dal trono i potenti, ha rialzato da terra gli oppressi
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Commento
Giobbe stava vivendo una vita serena quando, inaspettatamente, patì la perdita del suo bestiame e dei suoi servi, e dovette sopportare il devastante dolore provocato dalla morte dei suoi figli e delle sue figlie. Egli soffriva nella mente, nel corpo e nello spirito. Tutti noi abbiamo sperimentato la sofferenza che si manifesta nella nostra mente, nel nostro corpo, nel nostro spirito ed è una esperienza che può farci allontanare da Dio e dagli altri; può farci perdere la speranza. Eppure, come cristiani, siamo uniti nel professare che Dio è con noi, anche in mezzo alla nostra sofferenza.
L’11 aprile del 2021 in Minnesota, Daunte Wright, un ventenne afro-americano disarmato, è stato colpito a morte da un agente di polizia bianco durante un normale controllo del traffico. Questo incidente si è verificato mentre si stava svolgendo il processo a Derek Chauvin per l’uccisione di George Floyd. È normale sentirsi senza speranza quando, ancora una volta, ci rendiamo conto che viviamo in una società vulnerata, che non riconosce, non onora e non protegge, come dovrebbe, la dignità e la libertà di tutti gli esseri umani. Secondo il cattolico padre Bryan Massingale, studioso di giustizia razziale e uno dei maggiori esperti di etica sociale: “La vita sociale è fatta da esseri umani. La società in cui viviamo è il risultato di scelte e decisioni umane. Ciò significa che gli esseri umani possono cambiare le cose. Ciò che gli esseri umani spezzano, dividono e separano, con l’aiuto di Dio possono anche guarire, unire e ricostituire. Ciò che accade adesso non deve più ripetersi, e sta proprio qui la speranza e la sfida da affrontare”.
Nella preghiera, i cristiani accordano il proprio cuore con il cuore di Dio, per amare ciò che Egli ama e amare come Egli ama. La preghiera elevata con cuore puro rende concorde il cuore di tutti i cristiani al di là delle loro divisioni, per amare chi, come e ciò che Dio ama, e per esprimere questo amore mediante il proprio operato.
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Unità dei cristiani
Il Magnificat è il canto di gioia di Maria nel vedere tutto ciò che Dio opera: ristabilire la giustizia rialzando da terra gli oppressi, rimediare all’ingiustizia nutrendo gli affamati, e ricordarsi di Israele, suo servo. Il Signore non dimentica mai le sue promesse, né mai abbandona il suo popolo. È facile ignorare o denigrare la fede di coloro che appartengono ad altre comunità cristiane, soprattutto se quelle comunità sono piccole. Ma il Signore unisce il suo popolo rialzando da terra gli oppressi in modo che ciascuno sia riconosciuto nel proprio valore. Siamo chiamati a vedere con lo sguardo di Dio e a valorizzare ciascuno dei nostri fratelli e delle nostre sorelle in Cristo, come il Padre li valorizza.
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Chiediamoci…
Come possiamo essere uno in Cristo con la speranza e la fede che Dio che fa tacere i malvagi?
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Preghiera
Dio di speranza, fa’ che ricordiamo sempre che Tu sei con noi nella nostra sofferenza. Aiutaci a incarnare la speranza gli uni per gli altri quando la disperazione, sgradita ospite, alberga nei nostri cuori.
Donaci di essere radicati nel tuo Spirito di Amore mentre lavoriamo insieme per sradicare tutte le forme di oppressione e di ingiustizia.
Donaci il coraggio di amare chi, come e ciò che Tu ami, e di esprimere questo amore nelle nostre azioni. Te lo chiediamo per Cristo Nostro Signore. Amen.
OTTAVO GIORNO
La giustizia che ristabilisce la comunione
Letture
Salmo 82 (81), 1-4
Fate giustizia al debole e all’orfano, difendete il povero e lo sfruttato!
Luca 18, 1-8
Volete che Dio non faccia giustizia ai suoi figli che lo invocano giorno e notte?
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Commento
Il Libro dei Salmi è una raccolta di preghiere e lodi, di lamenti, ma anche di istruzioni che Dio impartisce. Nel Salmo 82, Dio richiede una giustizia che sostenga i diritti umani fondamentali che devono essere garantiti ad ogni uomo: libertà, sicurezza, dignità, salute, uguaglianza e amore. Il Salmo chiede anche il ribaltamento dei sistemi di disparità e oppressione e la correzione di tutto ciò che è ingiusto, corrotto o che produce sfruttamento. Questa è la giustizia che noi, come cristiani, siamo chiamati a promuovere, unendo la nostra volontà e la nostra azione a quella di Dio, nella sua opera di salvezza per il creato. La divisione, compresa quella tra cristiani, ha sempre il peccato alla radice, e la redenzione ristabilisce sempre la comunione.
Dio ci chiama a incarnare la nostra fede cristiana e ad agire in nome della verità che ogni persona è preziosa, che le persone sono più importanti delle cose e che ogni istituzione sociale si misura su quanto minaccia o rafforza la vita e la dignità di ogni persona. Ogni persona ha il diritto e la responsabilità di partecipare alla società, cercando insieme il bene comune e il benessere di tutti, specialmente degli umili e degli indigenti.
Nel suo libro Jesus and the Disinherited, il Rev. Dott. Howard Thurman, consigliere spirituale del Rev. Dott. Martin Luther King Jr. afferma: “Dobbiamo proclamare la verità che tutta la vita è una e che tra tutti noi c’è un profondo legame; lavorare per una società in cui anche gli ultimi possano trovare sostegno e sollievo è un imperativo. Dovete deporre la vostra vita sull’altare del cambiamento sociale in modo che ovunque voi siate, il Regno di Dio sia tra voi”.
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Unità dei cristiani
Gesù racconta la parabola della vedova e del giudice ingiusto per insegnare al popolo “che bisogna pregare sempre, senza stancarsi mai” (Lc 18, 1). Gesù ha ottenuto una vittoria decisiva sull’ingiustizia, sul peccato e sulla divisione, e come cristiani il nostro compito è quello di accogliere questa vittoria, in primo luogo nel nostro cuore, attraverso la preghiera, e in secondo luogo nella nostra vita attraverso l’azione.
Non perdiamoci mai d’animo, ma continuiamo a chiedere a Dio, nella preghiera, il dono dell’unità e manifestiamo questo dono nella nostra vita.
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Chiediamoci…
In quale modo, come popolo di Dio e come chiese, siamo chiamati a impegnarci per la giustizia, in unione di azioni e intenti, per amare e servire tutta la famiglia di Dio?
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Preghiera
Dio, Creatore e Redentore di tutte le cose, insegnaci a guardarci dentro per essere radicati nel tuo Spirito di Amore, per poter andare nel mondo con saggezza e coraggio per scegliere sempre la via dell’amore e della giustizia. Ti preghiamo nel nome del tuo Figlio, Gesù Cristo, nell’unità dello Spirito Santo. Amen.